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ELIO GERMANO - TEHO TEARDO

Il sogno di una cosa

ELIO GERMANO - TEHO TEARDO

Il sogno di una cosa

25 Luglio 2025 | 21.20
Teatro al Castello "Tito Gobbi",
Bassano del Grappa
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Prezzo: intero € 20 / ridotto € 18

Accessibilità



Luogo alternativo
in caso di maltempo
Teatro Remondini

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liberamente tratto da Il sogno di una cosa di Pier Paolo Pasolini
di e con Elio Germano, Teho Teardo
produzione Pierfrancesco Pisani per Infinito Teatro e Argot Produzioni
coproduzione Fondazione Teatero della Toscana

Elio Germano e Teho Teardo portano in scena Il sogno di una cosa di Pier Paolo Pasolini, intrecciando parole e musica. Concepito e scritto tra il 1948 e il 1949, viene pubblicato solamente nel 1962, e rappresenta perciò paradossalmente il romanzo d’esordio e di epilogo della stagione narrativa di Pasolini. Narra la storia di tre giovani friulani alla soglia dei vent’anni che affrontano il mondo e vivono la loro breve giovinezza: la povertà delle origini, le lotte contadine, l’emigrazione, ma anche l’amicizia, l’amore, la solidarietà, fino alle illusioni perdute. Il sogno di una cosa parla delle persone che, stremate dalla povertà, sono partite dall’Italia del secondo dopoguerra verso la Jugoslavia, con la speranza di vivere dignitosamente. Si comincia con l’ebbrezza di una festa, si finisce con la tristezza di una morte: “la meglio gioventù” è già finita. La voce narrante di Elio Germano e la sua corporeità, diventano strumenti risonanti parole e significati amplificati dalla tessitura sonora di Teho Teardo. I due artisti insieme creano, con sensibilità e intensità, un’esperienza al tempo stesso visiva, sonora ed emozionale.

“Sulla scena, dietro un lunga consolle, il poli strumentista e compositore Teho Teardo (David di Donatello per la colonna sonora del film Il Divo di Sorrentino) disegna un paesaggio sonoro vivo, fremente, in cui la pioggia, lo scrosciare dell’erba e del fiume, i rintocchi delle campane e la voce del vento sono un discorrere che è sfondo mitico e immutabile alle esistenze degli uomini, mentre Elio Germano (quattro David di Donatello, tre Globi d’Oro, due Ciak d’Oro oltre a importanti riconoscimenti internazionali all’attivo tra cui Miglior attore a Cannes nel 2010 e a Berlino nel 2020), oltre a suonare vari strumenti, narra da par suo la vicenda, facendo vibrare di diversi timbri e coloriture la voce, strumento umano per eccellenza.

Una prosa fisica, porosa, modellata sulla fisiologia del parlato, restituisce le voci, i gesti, le timidezze e le audacie dei giovani protagonisti che vivono in un tempo ancora non marcato dal delirio di uniformità che dilagherà insieme al consumismo…

Le voci dei protagonisti, registrate da Germano nel corso di un laboratorio teatrale tenuto in preparazione dello spettacolo nelle zone friulane dove è ambientato il romanzo, si diffondono a teatro con audio cinematografico. Sono le voci dei giovani che dall’Italia del dopoguerra, stremati dalla povertà, fuggono attraversando illegalmente il confine per andare in Jugoslavia, attratti dal comunismo, dalla speranza di un’altra vita, di un lavoro dignitoso, di una giustizia sociale che si realizzi come un sogno. E il viaggio, una specie di rotta balcanica al contrario attraverso lo stesso confine oggi tentato da profughi in fuga verso l’Italia, ha la cadenza fatale dei viaggi delle fiabe più cupe: lasciandosi alle spalle la terra friulana, grembo materno da cui allontanarsi con uno strappo audace, dopo ore di cammino sotto la pioggia, attraverso boschi e radure, i giovani arrivano stremati ad attraversare il confine per poi sperimentare la fame in terra straniera e scoprire che un distintivo comunista all’occhiello non è un talismano contro il male, e non basta per essere riconosciuti come compagni…

L’unica speranza è quella di poter tornare a casa… Qui i giovani si uniscono alle proteste dei braccianti che occupano le ville dei latifondisti… Ma la parabola di un sogno collettivo di giustizia si trova a fare i conti con le strettoie, le disillusioni e le trappole delle esistenze individuali…

Un’opera che non vuole ricucire le ferite, né intrattenere o consolare lo spettatore, mantenendosi coraggiosamente fedele alla scrittura di Pasolini che brucia e commuove senza ricorrere agli stratagemmi del sentimentale, dando voce direttamente al sentimento di meravigliosa, dolorosa avventura che emana dall’ascolto di ciò che esiste.” (Lucia De Ioanna)


NOTE
In caso di maltempo e spostamento al Teatro Remondini, la numerazione dei posti potrebbe subire variazioni.