con Alessandro Paschitto, Raimonda Maraviglia, Francesco Roccasecca testo e regia Alessandro Paschitto produzione Campania Teatro Festival, Ctrl+Alt+Canc si ringraziano Giulia Sangiorgio, Chiara Virgilio, Chiara Cucca, l’Asilo – Ex Asilo Filangieri
Afànisi indaga il rapporto tra realtà e sguardo che la osserva, dove lo spettatore non è più passivo ma creatore attivo dell'opera che ha di fronte. Gli viene proprio chiesto: ma tu cosa vuoi vedere? E poi lo si invita a rispondere privatamente ma in modo fulmineo, non meditato. Libera associazione, la più classica delle regole della psicoanalisi: pensare la prima cosa che passa per la testa, quale che sia. Ciascuno spettatore risponderà dentro di sé a una sequenza di domande, con cui andrà materialmente a disegnare - con l’aiuto dei performer - il proprio spettacolo nello spazio vuoto. Le sue scelte improvvise, apparentemente immotivate, si riveleranno presto e lo riguarderanno in modo inatteso. Ciascuno vedrà uno spettacolo diverso da chi gli siede accanto, un teatro che non è più la cosa che si guarda, ma ciò da cui si è guardati.
Luogo alternativo: in definizione luogo per il solo concerto che si terrà in Piazza Libertà info in Biglietteria Operaestate
Musicisti e postazioni in definizione
Prima Nazionale
Lilian Terry, la signora del jazz italiano, da poco scomparsa, viene ricordata nella tradizionale serata del festival dedicata proprio al jazz. Viene ricordata anche come fondatrice e animatrice a Bassano della Scuola Popolare di Musica Dizzy Gillespie, in cui si sono formati tantissimi musicisti che da allora animano la scena musicale, in gran parte presenti per questa occasione sul palco principale in Piazza Libertà. Insieme, una decina di gruppi disseminati in tutta la città, interpreti delle diverse declinazioni e stili del jazz contemporaneo, in un programma curato con l’associazione musicale Bacàn.
progetto di Chiara Cecconello voci Chiara Cecconello, Margherita D'Adamo live electronics Franco Conte light design e cura tecnica Rachele Cominella, Elisa Bortolussi outfit Isabella Marsella Con il sostegno del MiC e di SIAE, nell’ambito del programma “Per Chi Crea” e con il supporto di Live Arts Cultures, SPORE Residenze di Ricerca Dislocate. Si ringraziano Argo16, C3 Foto copertina: Giulia Capraro Ufficio stampa: Bucce Studio
AGANIS è una performance immersiva per due voci e live electronics. Prende avvio dallo studio dei racconti delle Prealpi Venete, che narrano di grotte abitate dalle anguane, figure mostruose della mitologia locale. La tradizione popolare le descrive come presenze proteiformi, legate alle sorgenti d’acqua: talvolta benefiche, talvolta malefiche, si distinguono per l’emissione di grida considerate inascoltabili all’orecchio umano. AGANIS si connette all’indecifrabilità del loro clamore vocale, sintonizzandosi con il non ascoltato e l’inascoltabile, là dove ignorato e immaginato si intrecciano e collidono. Sfregando queste soglie vischiose – come le pareti delle caverne carsiche – si attiva un immaginario acustico fatto di sonorità umide e riverberi minerali, raccolti attraverso prelievi sonori ambientali. L’analogia tra cavità buccale e cavità rocciose diventa il luogo di apparizione di queste presenze più-che-umane. La pelle dello spettatore si fa membrana di travaso, affinché le voci inappropriabili delle anguane possano affiorare.
liberamente tratto da Il sogno di una cosa di Pier Paolo Pasolini di e con Elio Germano, Teho Teardo produzione Pierfrancesco Pisani per Infinito Teatro e Argot Produzioni coproduzione Fondazione Teatero della Toscana
Elio Germano e Teho Teardo portano in scena Il sogno di una cosa di Pier Paolo Pasolini, intrecciando parole e musica. Concepito e scritto tra il 1948 e il 1949, viene pubblicato solamente nel 1962, e rappresenta perciò paradossalmente il romanzo d’esordio e di epilogo della stagione narrativa di Pasolini. Narra la storia di tre giovani friulani alla soglia dei vent’anni che affrontano il mondo e vivono la loro breve giovinezza: la povertà delle origini, le lotte contadine, l’emigrazione, ma anche l’amicizia, l’amore, la solidarietà, fino alle illusioni perdute. Il sogno di una cosa parla delle persone che, stremate dalla povertà, sono partite dall’Italia del secondo dopoguerra verso la Jugoslavia, con la speranza di vivere dignitosamente. Si comincia con l’ebbrezza di una festa, si finisce con la tristezza di una morte: “la meglio gioventù” è già finita. La voce narrante di Elio Germano e la sua corporeità, diventano strumenti risonanti parole e significati amplificati dalla tessitura sonora di Teho Teardo. I due artisti insieme creano, con sensibilità e intensità, un’esperienza al tempo stesso visiva, sonora ed emozionale.
“Sulla scena, dietro un lunga consolle, il poli strumentista e compositore Teho Teardo (David di Donatello per la colonna sonora del film Il Divo di Sorrentino) disegna un paesaggio sonoro vivo, fremente, in cui la pioggia, lo scrosciare dell’erba e del fiume, i rintocchi delle campane e la voce del vento sono un discorrere che è sfondo mitico e immutabile alle esistenze degli uomini, mentre Elio Germano (quattro David di Donatello, tre Globi d’Oro, due Ciak d’Oro oltre a importanti riconoscimenti internazionali all’attivo tra cui Miglior attore a Cannes nel 2010 e a Berlino nel 2020), oltre a suonare vari strumenti, narra da par suo la vicenda, facendo vibrare di diversi timbri e coloriture la voce, strumento umano per eccellenza.
Una prosa fisica, porosa, modellata sulla fisiologia del parlato, restituisce le voci, i gesti, le timidezze e le audacie dei giovani protagonisti che vivono in un tempo ancora non marcato dal delirio di uniformità che dilagherà insieme al consumismo…
Le voci dei protagonisti, registrate da Germano nel corso di un laboratorio teatrale tenuto in preparazione dello spettacolo nelle zone friulane dove è ambientato il romanzo, si diffondono a teatro con audio cinematografico. Sono le voci dei giovani che dall’Italia del dopoguerra, stremati dalla povertà, fuggono attraversando illegalmente il confine per andare in Jugoslavia, attratti dal comunismo, dalla speranza di un’altra vita, di un lavoro dignitoso, di una giustizia sociale che si realizzi come un sogno. E il viaggio, una specie di rotta balcanica al contrario attraverso lo stesso confine oggi tentato da profughi in fuga verso l’Italia, ha la cadenza fatale dei viaggi delle fiabe più cupe: lasciandosi alle spalle la terra friulana, grembo materno da cui allontanarsi con uno strappo audace, dopo ore di cammino sotto la pioggia, attraverso boschi e radure, i giovani arrivano stremati ad attraversare il confine per poi sperimentare la fame in terra straniera e scoprire che un distintivo comunista all’occhiello non è un talismano contro il male, e non basta per essere riconosciuti come compagni…
L’unica speranza è quella di poter tornare a casa… Qui i giovani si uniscono alle proteste dei braccianti che occupano le ville dei latifondisti… Ma la parabola di un sogno collettivo di giustizia si trova a fare i conti con le strettoie, le disillusioni e le trappole delle esistenze individuali…
Un’opera che non vuole ricucire le ferite, né intrattenere o consolare lo spettatore, mantenendosi coraggiosamente fedele alla scrittura di Pasolini che brucia e commuove senza ricorrere agli stratagemmi del sentimentale, dando voce direttamente al sentimento di meravigliosa, dolorosa avventura che emana dall’ascolto di ciò che esiste.” (Lucia De Ioanna)
NOTE In caso di maltempo e spostamento al Teatro Remondini, la numerazione dei posti potrebbe subire variazioni.
con il sostegno di WeStart - Centro di Produzione Piemonte Orientale, Bolzano Danza / Fondazione Haydn, OperaEstate Festival, Fuorimargine Centro di Produzione, FDE Festival Danza Estate Bergamo in collaborazione con Bergamo Jazz Festival nell'ambito della rete BoNo!
Su invito della rete BoNo! Fabritia D’Intino e Agnese Banti si incontrano per la prima volta in una creazione condivisa. Il dialogo tra le due artiste desidera far convergere discorsi comuni e rispettivi linguaggi tramite l’utilizzo di archivi sonori e pratiche coreografiche che possano veicolare una riflessione sul presente. Nella fugacità di questo incontro recente l’intento è creare una zona liminale dove sondare le possibilità di interazione tra il corpo e il suono in un’accezione che metta al centro il come rispetto al cosa. Il processo sarà così informato del fare individuale di entrambe in una scoperta reciproca di posture, contenuti e identità. L’intento è aprire domande e istanze da incarnare in un oggetto artistico che, nel tentativo di accogliere l’alterità come dato fondante, rimanga ambiguo e mobile.